Covenant Protestant Reformed Church
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Il Concetto di Patto

Herman Hoeksema

(Da: The Standard Bearer, Volume 80, Numeri 5-6)

 

Tutte le concezioni della dottrina del patto (in realtà tutte le vedute possibili a riguardo) si possono raggruppare sotto due categorie:

  1. quelle che considerano il patto come un mezzo per raggiungere un fine;
  2. quelle che lo considerano un fine in se stesso.

Secondo la prima concezione esso è definito una "via per la salvezza," un "accordo," una "promessa," o, forse, un’"alleanza" (cf. A. Kuyper, Dictaten Dogmatiek).

In base alla seconda concezione, il patto è essenziale ed è un fine in se stesso quindi. Esso è quella relazione vivente di intimissima comunione di amicizia, la quale è una riflessione della vita triuna di Dio, secondo la quale Egli Si fa conoscere al e benedice il Suo popolo, ed essi Lo conoscono e trovano il loro diletto nella Sua comunione e nel Suo servizio. Questa idea del patto è fondata sulla Scrittura. Ci si permetta di mettere in evidenza quanto segue:

  1. Il patto con Adamo (che di certo non era affatto un accordo, né un’alleanza tra Dio ed Adamo, un accordo fatto dopo la sua creazione) era una relazione che fu stabilita al momento della creazione di Adamo ad immagine di Dio. Dio rivela Se Stesso ad Adamo e gli parla, mentre Adamo conosce Dio quando Gli parla nel giardino "nel fresco del giorno."
  2. Noi troviamo supporto a ciò quando leggiamo del popolo del patto nella sua relazione a Dio: "essi camminarono con Dio" (Genesi 5:22; 6:8)—camminare con qualcuno è un atto di amicizia e di comunione. Noi leggiamo che essi parlavano con Lui, e Dio così rivelava loro il Suo consiglio e non gli nascondeva niente (Genesi 6:13; 9:9; 18:17 e a seguire). Mosè conosceva Dio e vedeva Dio faccia a faccia (Deuteronomio 30:10), ed Abraamo era chiamato "l’amico di Dio" (Isaia 41:8; Giacomo 2:23).
  3. E’ questa idea di amicizia e comunione quella simbolizzata nel tabernacolo e nel tempio.
  4. Quest’idea è letteralmente espressa in molti testi: Salmo 25:11; Isaia 55:3; Isaia 61:8; Geremia 32:40 (il "patto eterno" non può essere un mezzo per un fine); Ezechiele 37:26; Giovanni 17:23 (intima comunione di vita); II Corinzi 6:16 (il tabernacolo e il dimorare di Dio con noi); Rivelazione 21:3 (la realizzazione finale—il tabernacolo è con gli uomini).

In connessione allo stabilimento del patto, una questione molto discussa è se il patto sia unilaterale o bilaterale. E’ il patto stabilito da Dio soltanto, o da un atto di Dio e dell’uomo? Questa domanda è strettamente correlata ad un’altra che è stata motivo di contesa in Olanda non molto tempo fa, e cioè se possiamo parlare di "parti contraenti" nel patto, o solo di "parti." Naturalmente, se l’idea del patto è quella di accordo o alleanza, ne sembrerebbe conseguire che: 1) il patto è stabilito con l’accordo o alleanza, e 2) vi devono essere almeno due parti contraenti che si mettono d’accordo. Tuttavia, la risposta generale dei teologi Riformati è che il patto è unilaterale. Nello stabilimento del patto, almeno, Dio solo agisce, non Dio e l’uomo. Questa è certamente la veduta delle confessioni Riformate fin dove essere parlano del patto. Come potrebbe il Catechismo di Heidelberg parlare del battesimo degli infanti sulla base che essi come anche i genitori sono nel patto, se non fosse Dio soltanto a stabilire il Suo patto con loro? La concezione unilaterale è anche molto fortemente enfatizzata nella nostra Formula per l’Amministrazione del Battesimo. Secondo questa formula, Dio il Padre fa un patto eterno di grazia con noi, Dio il Figlio ci lava nel Suo sangue da tutti i nostri peccati, e Dio lo Spirito Santo ci santifica e dimora in noi. E questo è affermato abbastanza bene dai principali teologi Riformati in epoca recente (cf. Kuyper, Bavinck, Berkhof, etc.).

Tuttavia, ciò non sempre è stato chiaramente sostenuto nello sviluppo della concezione di patto nella teologia Riformata, e ancora meno nella predicazione Riformata. Il Professore W. Heyns, nella sua Gereformeerde Geloofsleer, ha fortemente enfatizzato che il patto è unilaterale, ma voi scoprite che con questo non si intende nient’altro che Dio soltanto stabilisce la promessa, e che poi la realizzazione o meno di esso dipende dall’accettazione di quella promessa da parte nostra. Coloro che favoriscono la concezione che il patto è un accordo spesso lo presentano come condizionale. Dio soltanto stabilisce tutte le condizioni ed obbligazioni come anche i benefici del patto, ma la realizzazione di esso richiede accettazione e consenso da parte nostra.

Tuttavia, noi dobbiamo sostenere la concezione fondamentalmente Riformata. Dio soltanto, ed incondizionatamente, stabilisce il Suo patto. Esso è strettamente unilaterale in ogni sua parte. Ciò dovrebbe essere evidente da quanto segue:

  1. Dall’idea stessa del patto, specialmente se lo concepiamo come la relazione vivente di comunione. Come potrebbe l’uomo, sia in quanto creatura che peccatore, assicurarsi qualche diritto, o avere qualche potere di entrare in quella relazione, o rendere se stesso amico di Dio? E’ evidente che la relazione, come anche il suo essere preso in quella relazione, deve provenire da Dio soltanto.
  2. Dal patto di Dio stabilito con Adamo. Non vi è un’azione reciproca registrata nel primo capitolo di Genesi, o nei capitoli immediatamente seguenti, da parte di Dio ed Adamo nello stabilire o realizzare alcuna relazione di patto. Dio semplicemente lo creò come una creatura di patto secondo la Sua immagine, e lo pose nella relazione appropriata ad una creatura tale nei confronti di Se Stesso. Adamo opera sulla base di quello che Dio lo ha reso, cioè l’amico-servitore del suo Creatore.
  3. Dal modo di fare di Dio con Adamo dopo la Caduta, specialmente da Genesi 3:15. Dio non offre niente, e non crea delle condizioni per l’uomo caduto, ma dichiara semplicemente che nonostante l’opera di Satana e di Adamo Egli manterrà il Suo patto e porrà inimicizia tra l’uomo ed il diavolo nelle loro generazioni, un’inimicizia che positivamente è amicizia con Dio.
  4. Dall’insegnamento che troviamo in tutta la Scrittura: "Io stabilirò il mio patto…" (Genesi 6:18—Noè; Genesi 17:7—Abraamo); "Io farò un patto eterno di grazia con te" (Isaia 55:3; Ezechiele 37:26); "Io farò un nuovo patto con la casa di Israele…" (Geremia 31:31; Ebrei 8:8-10).
  5. Dalla visione di Genesi 15 specialmente. Ad Abraamo è comandato di prendere degli animali sacrificali, una mucca, un capro, un montone, una tortora, un giovane piccione, "ed egli li divise in metà e pose le due metà di ciascun animale l’una di fronte all’altra in due file," ed il Signore sotto i simboli di una fornace ardente e una lampada bruciante passò in mezzo ai pezzi. Il significato della visione è chiaro. Il passare in mezzo alle metà degli animali uccisi significava o simbolizzava la ratificazione del patto. Essa era una testimonianza da parte di entrambi le parti contraenti di un patto, che esse sarebbero state fedeli nel patto perfino fino al punto di morire, se ce ne fosse stato bisogno. Naturalmente, nel caso di un patto umano, entrambe le parti sarebbero passate tra le due metà degli animali uccisi. Ma in questo caso Abraamo è un testimone, Dio soltanto vi passa attraverso. Il patto è Suo ed Egli lo stabilisce. Esso è basato sulla Sua fedeltà, ed Egli lo manterrà e realizzerà perfino al punto di far morire Suo Figlio.

Per quanto riguarda la realizzazione di questo patto, possiamo parlare della sua realizzazione oggettiva e soggettiva. Alla realizzazione oggettiva pertiene:

  1. L’eterna ordinazione di Cristo come Capo del patto (institutio mediatoris) e l’elezione del Suo popolo in Lui, così che essi sono un solo corpo con Lui legalmente ed organicamente nella loro elezione.
  2. Esso è realizzato centralmente nell’Incarnazione, che può essere veduta come la realizzazione ideale del patto. Lì vediamo l’unione di Dio ed uomo nella comunione più intima. In Cristo, Dio dimora con noi.
  3. Per mezzo della croce e la risurrezione, con le quali è stabilita la necessaria base di giustizia per realizzare quest’ amicizia.
  4. Esso è perfezionato nell’esaltazione di Cristo in modo centrale, per mezzo della quale la comunione di patto è elevata al livello celeste.
  5. Questa perfezione centrale del tabernacolo celeste di Dio sarà realizzata nel suo senso più ultimo alla venuta di Cristo e della pubblica adozione a figli.

La realizzazione soggettiva del patto ha luogo attraverso lo Spirito di Cristo. Noi per natura non siamo amici ma nemici di Dio, morti nel peccato, non solo indegni di essere ricevuti nella relazione di amicizia di Dio, ma anche del tutto inadatti per e spiritualmente incapaci ad alcuna comunione col Dio vivente. Se il patto fosse un accordo, non potremmo accordarci, se fosse un’offerta, non potremmo accettarla, se fosse condizionale, saremmo del tutto incapaci di assumerci qualsiasi obbligazione o di adempiere qualsiasi condizione. Non può essere, quindi, che da un lato Dio realizza il patto oggettivamente nella morte e risurrezione di Cristo, mentre poi la realizzazione soggettiva di quel patto dipende da noi in qualche modo. Al contrario, è tutto da Dio, che ci rende Suoi amici e ci riceve nella Sua propria parte contraente. Ciò lo fa per mezzo del Suo Spirito e Parola, con i quali ci rigenera, ci chiama, ci dona la vera fede per mezzo della quale ci giustifica, ci libera dal peccato e dal suo dominio, ci preserva nel mezzo del mondo, e infine ci rende completamente simili a Cristo, ricevendoci nel Suo tabernacolo eterno.

Ora, i teologi Riformati hanno di solito detto che anche se il patto è unilaterale in origine, esso diviene bilaterale in operazione e manifestazione. Nel suo senso vero, ciò è anche espresso nella nostra Formula per il Battesimo, perché dopo che essa sviluppa la verità che il Dio triuno stabilisce il Suo patto con noi, essa continua ad insegnare che "in tutti i patti vi sono due parti," e la nostra parte consiste in questo: "che amiamo il Signore nostro Dio con tutto il nostro cuore e mente ed anima e forza, abbandoniamo il mondo, crocifiggiamo la nostra vecchia natura, e camminiamo in una vita nuova e santa." Queste, quindi, costituiscono le nostre "obbligazioni di patto," e tuttavia ci affrettiamo ad aggiungere che dobbiamo stare molto attenti quando parliamo di queste "obbligazioni di patto" per non volgerci nella direzione del sinergismo. Queste obbligazioni non sono condizioni né per entrare né per rimanere nella relazione di patto, ma esse costituiscono la nostra chiamata, che risulta dal nostro essere stati ricevuti nel patto di Dio. Questa chiamata possiamo adempierla soltanto perché Dio ha realizzato il Suo patto all’interno dei nostri cuori. La relazione è come essa è espressa in Filippesi 2:12-13: noi compiamo ciò che Dio opera in noi. Il patto sovrano di grazia di Dio non ci distrugge in quanto esseri razionali e morali, cambiandoci in "tozzi e blocchi," ma piuttosto ci rende i Suoi collaboratori, o imitatori, "così che possiamo essere imitatori di Dio come figli amati" (Efesini 5:1). Queste obbligazioni non devono essere comprese, quindi, nel senso di un’altra legge imposta su noi dall’esterno come un peso, ma piuttosto come l’espressione di una legge che Dio ha scritto nei nostri cuori, l’adempimento della quale diviene il nostro più grande diletto.

Dobbiamo però ancora dare una risposta alla domanda: Con chi è stabilito il patto? E’ esso stabilito con Cristo, o solo con noi? In stretta connessione a questa domanda, dovremmo chiedere: E’ il Cristo il Capo o solo il Mediatore e la Sicurezza del patto? Le risposte a questa ultima domanda variano quanto variano le concezioni del patto. Di solito, se il patto è considerato come una via o un mezzo per il raggiungimento di un fine, cioè, per la nostra salvezza, la risposta è: "Dio stabilisce il Suo patto con noi," e perfino allora le risposte sono più o meno specifiche: alcuni sono soddisfatti con l’affermazione che Dio stabilisce il Suo patto con gli uomini, o con i peccatori; altri insittono che esso è stabilito con i peccatori eletti. Ma esso non è stabilito con Cristo. Egli non ha bisogno di salvezza, e quindi Egli è il Mediatore del patto e la Sicurezza che le richieste di Dio siano adempiute.

Altri, tuttavia, pure facenti parte di questa scuola, benchè in qualche modo incoerentemente insistono che Cristo è anche il Capo del patto, nel senso che Egli rappresenta il Suo popolo. All’interno di questo gruppo è tipico parlare di un separato patto di redenzione, o consiglio di pace. Con questo si intende un patto o accordo all’interno della Trinità, o tra le tre persone della Trinità, o tra il Padre ed il Figlio, e che brevemente consiste in questo: che il Padre ordina il Figlio come Mediatore al posto degli eletti, e richiede da Lui di divenire servo in carne e di effettuare la soddisfazione completa per il peccato. Ed il Figlio concorda con ciò a condizione che il Padre Gli dia la Sua gloria Mediatoriale e la discendenza promessa. Questa concezione, anche se deriva erroneamente il suo nome da Zaccaria 6:13, è basata su passaggi come Salmo 2, Salmo 89, etc. E questo patto di redenzione è supposto essere la base eterna per il patto di grazia.

La nostra concezione su questo argomento è questa:

Prima di tutto, dobbiamo procedere dalla verità fondamentale che Dio è un Dio di patto in Se Stesso, e che la base più profonda del Suo patto con noi è la Sua vita di patto come Dio triuno. Ciò deve essere così perché tutte le opere di Dio ad extra (al di fuori di Se Stesso—N.d.T.) sono auto-rivelazione. Dio è uno in essere e tre in persone. Nella Trinità abbiamo, quindi, la più assoluta somiglianza ed identità essenziale, insieme alla distinzione personale. E le tre persone della santa Trinità, essendo uno in essenza, possedendo gli stessi attributi essenziali, vivendo la stessa vita infinitamente perfetta nella luce inaccessibile, dimorano insieme nella comunione di perfetta amicizia. Il Padre conosce ed ama e vive attraverso il Figlio nello Spirito di Se Stesso. Il Figlio conosce ed ama e vive dal Padre, attraverso Se Stesso, nello Spirito. Lo Spirito conosce ed ama e vive dal Padre, attraverso il Figlio in Se Stesso.

In secondo luogo, ciò che è conosciuto come il consiglio di pace o il patto di redenzione, se proprio dobbiamo parlare d’esso, è il decreto o consiglio eterno, o la vivente volontà del Dio triuno di rivelare questa Sua vita di patto, e di realizzare una riflessione creaturale del patto nel più alto grado possibile con l’uomo, nella via del peccato e della grazia.

Terzo, la realizzazione di questo decreto, consiglio, vivente volontà di Dio, è il patto di grazia con Cristo e col Suo popolo in Lui. Cristo, quindi, è l’amico-servitore di Dio nel più alto senso della parola. Egli è questo in quanto Parola Incarnata, l’unione più intima possibile tra Dio ed uomo. In quanto principale amico-servitore di Dio, in cui la vita di patto d’amicizia di Dio è rivelata e realizzata in modo centrale, Egli riceve un popolo che per mezzo di Lui sarà ricevuto in quella stessa relazione vivente di amicizia, e nel quale la Sua propria gloria sarà riflettuta in un modo vario. Siccome questa relazione di patto deve essere elevata al livello più alto possibile, questo Cristo e la Sua chiesa devono passare attraverso la via del peccato e della morte nella gloria del tabernacolo celeste di Dio. E’ ragionevole quindi che questo principale amico di patto di Dio in relazione al Suo popolo è la loro Sicurezza; che la base della giustizia sarà stabilita e che essi saranno giustificati e glorificati attraverso di Lui; che Egli è il Mediatore per loro conto, attraverso cui Dio stabilisce la relazione di patto; e che nella relazione di patto Egli sta in qualità di loro Capo, rappresentandoli. In relazione a Dio, Cristo nella Sua relazione di patto si trova sempre come il Servo-Amico, il cui diletto è fare la volontà di Dio, perfino fino alla profondità stessa della Sua sofferenza e morte. L’intera opera di Cristo deve essere considerata in questa luce e da questo punto di vista. Egli agisce come servo di Jehovah nel triplice ruolo di Ufficiale profetico, sacerdotale, e regale. In quanto tale Egli compie tutto ciò che è necessario per la perfezione del patto di Dio con noi. Egli rivela il Padre, Egli ubbidisce, soffre, muore, compie l’espiazione, soddisfa. Egli entra nella profondità della sofferenza dell’inferno. In quel ruolo Egli è esaltato, risuscitato dai morti, preso nei cieli altissimi, assiso alla destra di Dio, e diviene lo Spirito vivificante. Egli diviene anche il Mediatore della realizzazione del patto di amicizia nei cuori e nelle vite di tutti quelli che il Padre Gli diede. In risposta, quindi, alla domanda con chi il patto è stabilito, diciamo: primo e centralmente con Cristo, e attraverso di Lui con il Suo popolo.

Che questo sia proprio l’insegnamento della Scrittura non è difficile da mostrare. Tutti i passaggi scritturali che sono di solito citati in supporto del cosiddetto consiglio di pace o patto di redenzione tra il Padre ed il Figlio devono indubbiamente essere interpretati come facenti riferimento alla relazione tra il Dio triuno e Cristo nella Sua natura umana. Nel consiglio di pace, come noi lo abbiamo definito, il Figlio appare ed agisce nella natura divina, e in quanto tale Egli è coordinato al Padre ed il Figlio e lo Spirito Santo. Egli decreta insieme col Padre e con lo Spirito Santo in questo consiglio di pace. Ma in tutti i passaggi scritturali sopra citati, Egli appare in una posizione subordinata, e non su una base di eguaglianza col Padre e lo Spirito Santo, ma come il Servo di Jehovah, e, quindi, visto nella Sua natura umana. Ciò è vero di tutti i passaggi in Isaia, che riguardano il Servo di Jehovah (ad es. Isaia 42:1-4). Centralmente, il Servo qui è Cristo, anche se dobbiamo sempre ricordare che il termine "Servo di Jehovah" ha una connotazione più ampia. In quanto servo-amico Egli si trova in relazione di patto al Dio triuno che qui parla.

Lo stesso è vero del Salmo 89:1-4 (questo testo è quasi sempre citato in supporto della nozione del consiglio di pace): Di nuovo qui abbiamo una relazione tra il Dio triuno e Cristo nella Sua natura umana (Salmo 89:1-4, 28-29; Salmo 2:7-9). L’espressione "Io dichiarerò il decreto: il Signore mi ha detto: tu sei mio Figlio, questo giorno io ti ho generato"non è detta dal Padre al Figlio, ma di nuovo, dal Dio triuno all’Uomo Gesù. Questo passaggio si riferisce anche a Cristo come Mediatore nella relazione di patto al Dio triuno, poiché Dio Lo esalterà attraverso la risurrezione alla Sua destra e Lo farà Re per sempre.

Ciò è vero anche dai passaggi in cui Cristo appare come colui mandato dal Padre (Giovanni 6:38-39; Giovanni 10:18, etc.).

In connessione a ciò, possiamo anche fare riferimento a Filippesi 2:9-11, che parla dell’esaltazione del Servo di Dio nella Sua natura umana, un’esaltazione che è basata sul Suo aver umiliato Se Stesso in ubbidienza perfetta. A questo ambito, anche, appartengono quei testi che parlano di Dio come il Dio di Cristo (Salmo 22:1; Salmo 40:7-8), e la ben nota espressione neotestamentaria "il Dio e Padre del nostro Signore Gesù Cristo," che può essere applicata solo a Cristo nella Sua natura umana. E, infine, possiamo qui menzionare il ben noto passaggio di Romani 5:12-21, dove è fatto un chiaro parallelo tra Cristo ed Adamo, entrambi nella loro qualità di Capo di patto, rappresentando il loro popolo nel patto.

In stretta connessione alla discussione soprastante si trova la dottrina del patto e l’elezione, e la domanda: chi si trova nel patto? Risulterà evidente che quelli che parlano di un patto di redenzione o consiglio di pace come un accordo tra il Padre ed il Figlio per la salvezza degli eletti, concepiscono l’elezione come precedente a questo patto di redenzione o consiglio di pace. Perché il secondo (il patto di redenzione) ha il suo motivo di esistere nella salvezza degli eletti. Anche da questo è evidente che, in base a questo punto di vista, il patto deve essere per necessità concepito come "una via per raggiungere un fine". In base alla concezione che noi abbiamo presentato del consiglio di pace, è evidente che la relazione tra e esso e l’elezione è tale che quest’ultima serve il primo, e quindi segue esso. Il patto non è una "via" o "mezzo," ma il fine stesso, ed è concepito come tale nell’eterno beneplacito di Dio. Ne consegue, quindi, che il decreto del patto è primo, e che il decreto di elezione è susserviente al decreto del consiglio di pace. Dio prima decreta nel consiglio di pace di rivelare la gloria della Sua propria vita di patto in un patto stabilito con la creatura, e poi Egli ordina e sceglie gli eletti in Cristo per la realizzazione di quel patto.

Ciò dà una risposta, almeno in parte, alla domanda: con chi è stabilito il patto? O: chi è che si trova nel patto di Dio? Anche per quanto riguarda questa domanda vi è molta confusione tra i teologi Riformati. Alcuni rispondono semplicemente che il patto è stabilito con gli eletti, altri preferiscono dire che il peccatore eletto in Cristo è nel patto, mentre ancora altri guardano alla realizzazione storica del patto nel mondo e poi insistono che i credenti e la loro discendenza sono quelli con cui Dio stabilisce il Suo patto, e per "discendenza" essi intendono tutti quelli che sono nati da genitori credenti. Dovrebbe risultare chiaro, tuttavia, che se il patto è stabilito in e con Cristo, quelli che sono nel patto di Dio secondo il decreto elettivo di Dio sono nessun altro che gli eletti. Nel consiglio di Dio, il patto è strettamente limitato a quelli che sono scelti in Cristo (Efesini 1:4), così che di fatto il popolo del patto è composto da coloro che ricevono i doni di grazia secondo l’elezione, come la rigenerazione, l’essere innestati in Cristo per mezzo della fede, e il ricevere tutti i benefici della grazia e della salvezza in Cristo in modo che essi possano vivere la vita dell’eterna amicizia di Dio perfino in questo mondo.

Ciò non altera il fatto che il patto è stabilito con i credenti e la loro discendenza, e ciò nella linea continua delle loro generazioni. Ciò ne consegue proprio dal patto stabilito con Abraamo e la sua discendenza, secondo Genesi 17:7. Ma non ci si deve appellare a questo testo particolare, e dunque poi esporsi, con ogni probabilità, alla necessità di dare una risposta a quelli che insistono che gli Ebrei sono Israele. Possiamo volgerci allo stabilimento del patto con Noè e la sua discendenza (Genesi 9:8-17) per mostrare che esso è stabilito nella linea delle generazioni. Di sicuro nessuno oserebbe mettere in dubbio che siamo la discendenza di Noè. O potremmo perfino andare ancora più indietro ed appellarci alla base scritturale per questa stessa verità in Genesi 3:15, e mostrare che dal principio Dio ha stabilito il Suo patto nella linea della discendenza della donna che culmina nel Cristo. Di sicuro nessuno osa mettere in questione che noi apparteniamo alla discendenza di un altro che non sia la donna. Né può essere argomentato che questi passaggi scritturali non si riferiscono alla stessa cosa, perché il patto è di certo uno, poiché esso è stabilito con la discendenza della donna nella linea di Set, con la discendenza di Noè nella linea di Sem, con la discendenza di Abraamo nella linea di Israele, "e con voi e i vostri figli e tutti quelli che sono lontani" nel Nuovo Testamento (Atti 2:39). Così non può esservi dubbio sul fatto che il patto è stabilito con i credenti e la loro discendenza nella linea delle loro generazioni.

Da ciò non si può dedurre, tuttavia, che il patto includa tutta la discendenza secondo la carne, o che la promessa del patto sia intesa oggettivamente per essa tutta. E’ così che spesso viene presentata. Anche per quanto riguarda la promessa del patto viene applicata la teoria che in quest’area non abbiamo niente a che fare con l’elezione di Dio, che le cose segrete sono per il Signore nostro Dio, che secondo la volontà rivelata di Dio Egli ha stabilito il Suo patto con i credenti e la loro discendenza, e che quindi tutta la discendenza dei credenti deve essere considerata discendenza di patto. Altri, riconoscendo l’impossibilità di prendere la posizione che tutti i figli dei credenti appartengono alla discendenza del patto, hanno provato a fare una distinzione per andare incontro a ciò che credono essere una difficoltà. Alcuni parlano di un patto esterno e uno interno—il primo si riferisce allo stabilimento storico del patto con la discendenza dei credenti indiscriminatamente, il secondo al patto reale stabilità con gli eletti in Cristo. Altri preferiscono parlare di un patto condizionale ed assoluto. Evidentemente essi stanno provando, in questo modo, a fare spazio ad una forma di predicazione condizionale, ed una "offerta benintesa per la salvezza" di tutti quelli che sono nati nella chiesa, mentre altri ancora parlano del patto e della sua amministrazione.

Tuttavia, è piuttosto certo:

  1. Che la corrente dell’elezione di Dio segue il letto del fiume delle continue generazioni, e che in un tal modo il letto del fiume è tratto fuori dalla corrente. Lo sviluppo organico delle generazioni è adattato alla realizzazione della discendenza del patto.
  2. Che è la volontà di Dio che tutti quelli che ricadono all’interno delle generazioni del patto siano trattati secondo lo standard che deve essere applicato a tutto il reale popolo di patto di Dio. Essi sono chiamati col nome di Dio, ricevono i segni del patto per mezzo dei quali sono separati dal mondo, ed indossano l’uniforme dell’esercito di Cristo. Essi odono la Parola di Dio e la promessa e la chiamata di Dio a svolgere la loro parte nel patto.
  3. Che i disubbidienti sono fornicatori, e detti essere tali dalle Scritture come violatori del patto di Dio, e che essi saranno di conseguenza battuti con doppie percosse.
  4. Che, nonostante questo, soltanto i "figli della promessa" sono ritenuti essere la vera discendenza del patto (cf. Romani 9:6-9), in modo che con essi e soltanto con essi, perfino nella linea delle generazioni dei credenti, Dio stabilisce il Suo patto. Essi soltanto credono le promesse di Dio e camminano in una "nuova e santa vita," vita come di chi è il compagno di Jehovah, il Dio vivente.

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