Covenant Protestant Reformed Church
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Agosto 2014  •  Volume XV, n. 4

 

Odiare la Propia Vita (1)

In Luca 14:26, il Signore Gesù insegna che tutti noi dobbiamo “odiare” la nostra “vita”. Ma cosa significa?

Alla luce di alcune forme d’esprimersi odierne, è innanzitutto necessario menzionare ciò che odiare la propria vita non significa. L’espressione non richiede né incoraggia i seguenti atteggiamenti o affermazioni: “Odio il mio aspetto, i miei capelli, il mio viso, il mio corpo!” “Odio l mio guardaroba; non ho niente di buono da mettermi!” “Odio non essere popolare a scuola; non piaccio a nessuno e non ho amici!” “Odio non avere un ragazzo/a; nessuno mi vuole!”

Altri invece si lamentano dicendo: “Il mio matrimonio non è granché. Ne sono intrappolato. Vorrei poter lasciare il mio partner!” “I miei figli mi distruggono!” “Casa mia è un porcile. Quale persona sana di mente vorrebbe vivere qui?” “Odio il mio lavoro; non voglio essere inchiodato/a qui per il resto della mia vita!” oppure “Odio essere disoccupato!”

Altri odiano la loro salute precaria, o le loro disabilità, oppure l’essere anziani.

Triste a dirsi, molte persone odiano il posto che occupano nel mondo. Si lamentano di non avere soldi, di non avere un futuro, di non avere prospettive, di non avere gioia né pace.

Quanto detto non è ciò a cui nostro Signore si riferisce quando ci comanda di odiare la nostra vita. Ciò che ho appena descritto è l’autocommiserazione nella quale cadiamo facilmente quando, negando Romani 8:31, pensiamo che tutto ci sia contro, quando distogliamo lo sguardo dal Padre, dal Figlio e dallo Spirito Santo, dal Dio di grazia.

Cari, si tratta di un atteggiamento molto pericoloso, perché significa distogliersi dalla fede nell’Iddio Trino e dalla grandezza della nostra salvezza nella croce di Cristo. Significa inoltre dimenticarsi delle altre persone e della nostra chiamata nei loro confronti. Significa lascarsi andare all’autocommiserazione. Preoccuparsi continuamente di noi stessi e dei nostri problemi si trasforma rapidamente in egocentrismo.

È difficile, se non impossibile, dire o pensare: “Odio il mio lavoro, il mio matrimonio, il mio aspetto, e così via!” senza incolpare Dio. Dopotutto, Egli è il Signore sovrano su tutte le cose. Egli afferma che “tutte le cose cooperano al bene per coloro che amano Dio, i quali sono chiamati secondo il suo proponimento” (Romani 8:28). Tuttavia, il suddetto odio peccaminoso è una protesta bella e buona: “No, non è vero! Non per me, almeno!” Ma pensate a quello che si dice! Si sta negando la santa parola di Dio!

Mi sono soffermato in particolare su cosa odiare la propria vita non significa. Odiare la propria vita nella maniera precedentemente descritta è tipico in coloro che sono affetti da depressione. In questo senso, odiare la propria vita conduce a pensieri che tendono al suicidio. Infatti, se uno dovesse odiare la propria vita, perché continuare a vivere? Le persone intrappolate in questi pensieri si chiedono: “Perché non dovrei uccidermi?” Questo modo di ragionare è carnale, non dello Spirito Santo. Si tratta di disperazione mondana, non di fede nella Parola di Dio.

Ma allora cosa significa odiare la propria vita? Significa odiare la propria peccaminosità e il proprio peccato. Ogni discepolo di Gesù Cristo deve odiare e odia il suo uomo vecchio del peccato, la vecchia natura. Paolo geme in Romani 7: “in me, cioè nella mia carne, non abita alcun bene” (18) e “faccio quello che odio” (15)! Così, il comandamento di Cristo riguardante l’odiare la propria vita include l’odiare l’uomo vecchio, la fonte malvagia di tutti i nostri pensieri maligni, della concupiscenza e di ogni parola e azione peccaminosa. Dio odia queste cosa, e dobbiamo farlo anche noi!

I figli di Dio si odiano in quanto peccaminosi e peccatori. Giobbe confessò: “Perciò provo disgusto nei miei confronti e mi pento sulla polvere e sulla cenere” (42:6). Isaia affermò: “Ahimé! Io sono perduto, perché sono un uomo dalle labbra impure e abito in mezzo a un popolo dalle labbra impure; eppure i miei occhi hanno visto il Re, l'Eterno degli eserciti” (6:5).

Inoltre, i veri discepoli di Cristo odiano la propria pretesa di esser giustizia. L’apostolo Paolo lo spiega così: “le cose che mi erano guadagno, le ho ritenute una perdita per Cristo. Anzi, ritengo anche tutte queste cose essere una perdita di fronte all'eccellenza della conoscenza di Cristo Gesù, mio Signore, per il quale ho perso tutte queste cose e le ritengo come tanta spazzatura per guadagnare Cristo” (Filippesi 3:7-8). Noi disprezziamo queste cose perché ci derubano della giustizia che abbiamo in Gesù Cristo e della comunione con Lui.

Coloro che seguono il loro Salvatore, odiando la propria vita, e detestano e respingono quelle cose che impediscono di servire il Signore pienamente. Se, per esempio, non siete in grado di controllare l’uso del vostro televisore (cosa piuttosto possibile) o se i vostri figli non riescono a farlo (cosa assai probabile), allora la soluzione consiste o nello stabilire e mantenere chiare linee di condotta cristiana oppure di disfarsi del televisore direttamente. Se voi e i vostri figli guardate DVD peccaminosi o ascoltate musica carnale, ricordatevi che il comune è sempre disponibile a raccogliere i rifiuti speciali. Gettate via da voi queste cose. Gesù, infatti, è il Signore anche del vostro intrattenimento.

Il Figlio di Dio incarnato ci istruisce come segue: “Non siate con ansietà solleciti per la vostra vita, di quello che mangerete o berrete, né per il vostro corpo, di che vi vestirete” (Matteo 6:25). Matteo 6:19-34, nel sermone sul monte, spiega meglio quali sono le cose che fanno parte della nostra vita.

Il regno di Dio viene prima del cibo e delle bevande, dei vestiti e del riparo. Durante la Sua prima tentazione, Satana chiese a Cristo di trasformare le pietre in pane. La sua giusta risposta fu quella che segue: “Sta scritto: «L'uomo non vive di solo pane, ma di ogni parola che procede dalla bocca di Dio»” (Matteo 4:4). In un’altra occasione, il Signore dichiarò: “«Le volpi hanno delle tane e gli uccelli del cielo dei nidi; ma il Figlio dell'uomo non ha dove posare il capo” (Luca 9:58).

Pertanto, se dovessimo mai trovarci a decidere tra il rinunciare a Cristo e il morire di fame, o tra il perdere la nostra casa o l’apostatare, dobbiamo aggrapparci al Salvatore e lasciare andare tutte quelle cose terrene. Questo perché discepolato significa odiare la propria vita e le cose di questa vita. Rev. Stewart


La grazia è resistibile? (2)

Nell’ultimo numero delle News, iniziai a rispondere ad una domanda che un nostro lettore a posto e che è sorta durante un dibattito che ha avuto con un arminiano il quale negava che la grazia di Dio nella salvezza fosse irresistibile. Secondo costui, la grazia si può resistere, può essere resistita ed è spesso resistita. L’arminiano in questione ha usato due passi biblici.

Il primo è Deteronomio 30:6: “L'Eterno, il tuo DIO, circonciderà il tuo cuore e il cuore dei tuoi discendenti, affinché tu ami l'Eterno, il tuo DIO, con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima, e così tu viva”.

Il second è Giovanni 12:47: “E se uno ode le mie parole e non crede, io non lo giudico; perché io non sono venuto a giudicare il mondo, ma a salvare il mondo.”

L’argomentazione dell’arminiano in connessione a Giovanni 12:47 è come segue: “La grazia non è resistibile perché altrimenti l’intero mondo sarebbe salvato … Questo testo è ottimo perché non lascia alcuna possibilità al calvinista di dire che la parola ‘mondo’ significhi ‘mondo degli eletti’ … Il testo non parla della chiamata interiore né di quella esteriore. Il testo dice che Gesù venne per salvare il mondo.”

Soffermiamoci prima su Deuteronomio 30:6. Stento a capire come questo testo possa andare contro la verità della grazia irresistibile. Anzi, mi sembra che la grazia irresistibile è proprio quello che questo passo insegni. Se il Signore Dio sovrano circoncide il cuore di una persona, e gli dona circoncisione fisica come segno e sigillo della circoncisione esteriore, allora la circoncisione è un segno e un sigillo di ciò che Dio opera, e non di quello che facciamo noi. Se Dio circoncide il cuore, allora siamo salvi.

Forse l’amico arminiano intende dire che il rito della circoncisone donava grazia a ogni circonciso e che, siccome non tutti quelli che erano circoncisi erano salvati, coloro che non erano salvati non venivano salvati in quanto avevano resistito alla grazia di Dio.

Ma il testo non dice che tutti coloro che erano fisicamente circoncisi ricevevano grazia. Il verso afferma enfaticamente che la realtà di cui la circoncisione è un segno e un sigillo, cioè la circoncisione del cuore, consiste nella salvezza. Il punto è che la circoncisione in quanto tale non salva, e il verso in questione non dice che essa sia salvifica. La circoncisione non è altro che un segno e un sigillo, e la grazia donata che salva, di cui la circoncisione è solo un segno, non è resistibile. Si tratta della grazia di Dio, e la grazia di Dio è sempre salvifica.

Il rito della circoncisione, sostituito dal battesimo nel nuovo patto (Colossesi 2:11-13), era amministrato a tutti i membri maschi d’Israele in quanto tutti appartenevano alla chiesa dell’antico testamento. La circoncisione era un segno esteriore di un’opera interiore della grazia. Tale segno accompagnava il vangelo predicato al popolo d’Israele. Proprio come il vangelo era ascoltato da tutti, il segno che accompagnava il vangelo era applicato a tutti. Tuttavia, proprio come la predicazione del vangelo non donava grazia a tutti coloro che ascoltavano, così anche la circoncisione non donava grazia a tutti i circoncisi. Né l’acqua battesimale dona grazia a tutti coloro che sono battezzati.

Non dobbiamo mai dimenticare ciò che Paolo dice in Romani 9:6: “non tutti quelli che sono d'Israele sono Israele.” Dio stesso fa questa differenza tra la nazione d’Israele e il vero Israele di Dio. Egli fa questa distinzione per grazia e riprovazione sovrane. Così, Paolo scrive: “E su tutti quelli che cammineranno secondo questa regola sia pace e misericordia, e così pure sull'Israele di Dio” (Galati 6:16). L’Israele di Dio sono gli eletti, e non tutti gli appartenenti alla nazione fisica. L’apostolo spiega dettagliatamente in Galati 3 cosa intende dire in Romani 9:6. Si potrebbe dire che gli arminiani vorrebbero che Romani 9 e Gatati 3 non fossero nelle Bibbia.

Per quanto riguarda Giovanni 12:47, l’arminiano mi sembra che si appigli alla parola “mondo”, come se tale parla si riferisse a tutti gli uomini del passato, presente e del futuro.

Mi sento leggermente imbarazzato nel discutere di nuovo questo punto. Infatti, centinaia tra teologi e credenti, a iniziare da Agostino d’Ippona che morì nel 430 d.C., hanno incontestabilmente dimostrato che la parola “mondo”, connessa all’opera di Cristo, non significa ogni uomo senza eccezione. La letteratura cristiana su questo punto è così vasta che si riempirebbero scaffalature intere. Perché mai tale spiegazione deve essere ripetuta innumerevoli volte? Mi pare sia stato Charles Haddon Spurgeon ad aver detto che nemmeno una sola volta in tutta la Bibbia la parola “mondo” significa tutti gli uomini esistiti, esistenti e che esisteranno. Il fatto è che se uno è risoluto a convincersi che la parola “mondo” significhi “ogni uomo senza eccezione”, nemmeno l’angelo Gabriele in persona potrebbe fargli cambiare idea.

Ricordo un noto teologo presbiteriano che stava tenendo un discorso sulla verità della morte di Cristo per i soli eletti. Si sedette mentre alcuni tra il pubblico prepararono le loro domande. Come c’era da aspettarsi, un giovanotto, appena diplomatosi al liceo, disse: “Dottore, come spiega Giovanni 3:16?” Il teologo in questione si alzò di scatto dalla sedia e si piombò sul leggio e, con una voce visibilmente disgustata, disse: “Pensi che significhi ‘ogni uomo’? Invece il mondo è costituito da credenti, come dice il testo! Leggi il verso, giovanotto. I credenti fanno parte di quel mondo!” Dopo di che, si girò e tornò a sedersi.

Se la grazia è resistibile, allora Cristo è morto invano. La morte di Cristo sulla croce pagò per tutti i peccati di tutti coloro per i quali Egli mori. Il perfetto sacrificio di Cristo guadagnò piena salvezza per coloro per i quali Egli morì. C’è qualcuno che si permette di dire che Cristo morì per qualcuno che è o che sarà condannato? Mi sembra un’affermazione molto vicina alla blasfemia.

Cristo morì per il mondo degli eletti. Gli eletti, secondo passi biblici quali Efesini 2:20-22, sono il tempio di Dio costruito su Cristo la pietra angolare. I reprobi sono l’impalcatura che è necessaria per l’erezione dell’edificio ma che, come ogni impalcatura, viene smantellata una volta che l’edificio è completato.

Gli eletti sono il seme, non la radice, lo stelo, o la buccia. Tutte queste cose sono necessarie affinché il seme cresca e sia raccolto, ma diventano inutilizzabili una volta che il seme è raccolto e mangiato.

La chiesa è il mondo di Dio redento in Cristo, e tutti coloro che ne fanno parte sono sicuramente salvati grazie all’irresistibile grazie di Dio. Prof. Hanko


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